Uno degli obiettivi che l’Unione europea e l’Italia si erano dati dopo l’inizio del conflitto in Ucraina era la fine della fornitura di combustibili fossili dalla Russia: Eni ha annunciato che nel 2024 questo traguardo per il nostro Paese sarà sostanzialmente raggiunto.
In sostanza, entro quest’anno l’apporto, che già adesso è sceso sotto la doppia cifra, sarà praticamente ridotto a zero. Lo ha specificato chiaramente il direttore generale degli affari pubblici del Cane a sei zampe Lapo Pistelli durante un’audizione al Senato del 16 gennaio, spiegando quali saranno le nuove vie di fornitura: «Nel corso dell’ultimo anno e mezzo – sono state le parole di Pistelli – siamo stati capaci, in modo molto efficace ed efficiente, di sostituire quasi interamente il supply russo che arrivava dai tubi del Tarvisio con la valorizzazione del corridoio Sud, quindi dei nostri partner africani, Algeria in primis ma anche Egitto. E poi i nuovi contratti di Lng che vengono dai Paesi della Sub-sahariana dove noi siamo operatori».
Questo ci fa tornare in mente quanto fosse diverso lo scenario di non molto tempo fa, con il prezzo del gas alla borsa TTF che volava oltre 400 euro al MWh. E le discussioni alla borsa di Amsterdam o il dibattito sull’utilità di imporre un price cap, una scelta che aveva prodotto contrapposte tifoserie. Infine, una serie di analisi che prevedevano razionamenti o scenari con inverni alla Game of thrones, che però non ci sono stati. Tutto bene quindi? In realtà in questi ultimi anni abbiamo imparato una cosa fondamentale sul mondo dell’energia: che è un fattore importante per la nostra società costantemente messo in discussione da grandi e piccoli eventi, naturali, politici, finanziari. Ma non solo. Anche che ha bisogno di efficienza, implementazione di soluzioni possibili, ingegneria, tecnica e risorse umane. Per esempio, non basta la geopolitica, da sola, a dare le risposte alle imprevedibili dinamiche del mercato energetico: ultima in ordine di tempo, la crisi che interessa l’area del canale di Suez che ha generato il rischio di un aumento consistente del prezzo dell’energia, dovuto al rincaro dei costi dei trasporti marittimi.
Nonostante le tensioni, che si allargano, le quotazioni del gas però non registrano una crescita costante, visto che alla borsa di Amsterdam hanno fatto segnare una flessione, arrivando a un prezzo di 27,7 euro al megawattora, tornando ai livelli di ottobre 2021.