Acquaroli e la Grande Ancona: «Deve diventare il cardine dell’Adriatico. Però servono i servizi»

«Un bacino di 300mila abitanti è utile per la sanità, insufficiente per l’aeroporto»

Acquaroli e la Grande Ancona: «Deve diventare il cardine dell’Adriatico. Però servono i servizi»
Acquaroli e la Grande Ancona: «Deve diventare il cardine dell’Adriatico. Però servono i servizi»
di Martina Marinangeli
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Venerdì 29 Settembre 2023, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 11:42
Governatore Acquaroli: le Marche dei mille campanili rischiano di restare impantanate a causa di un’eccessiva frammentazione. Qual è la sua posizione in merito alle fusioni dei Comuni per fare massa critica?
«Ogni storia è a sé stante: serve un approccio diverso per ciascuna situazione». 
E per quanto riguarda il capoluogo regionale?
«Nel caso di Ancona è importante fare un ragionamento diverso».
Ovvero?
«Serve aggregazione sui servizi, sui trasporti pubblici, sulle possibilità di sviluppo. Più si riesce a fare sinergia, meglio è».  
Il sindaco Silvetti parla di una Grande Ancona sul modello delle città metropolitane: vede questa prospettiva nel futuro del capoluogo?
«Riuscire a fare massa critica è fondamentale. Mi rendo conto che è un percorso complesso: in mezzo c’è la storia millenaria delle nostre comunità».
Le esperienze delle città metropolitane nel resto d’Italia insegnano che l’identità non sparisce. E la vicina Pescara sta provando a fare un percorso del genere. 
«Nel caso di Ancona fare massa critica può aiutare da molti punti di vista. Il percorso deve però partire dal basso: non può essere calato dall’alto, altrimenti creiamo il presupposto per non farlo funzionare. Infatti, da quello che mi risulta a Pescara il percorso è partito dal basso attraverso un principio di sussidiarietà».
Hanno visto i vantaggi in termini di servizi e risorse: si potrebbe replicare anche da noi questo scenario?
«Ancona finora non ha ricoperto appieno il ruolo di capoluogo. Avere un peso specifico maggiore sarebbe un bell’assist. È importante far capire a tutti quanto un bacino di utenza importante ed organizzato renda più attrattivi. E così si possono garantire servizi più efficienti e c’è una maggior convergenza verso obiettivi importanti. È un percorso lungo, ma che può portare ad aggregare comunità».
E superare una frammentazione che non aiuta. Per fare un esempio: porto, aeroporto ed interporto sono vicinissimi ma in tre comuni diversi.
«Queste tre realtà devono parlare ed è il percorso che abbiamo avviato con il Polo Intermodale. La frammentazione fa nascere appetiti e, soprattutto, non crea massa critica».
Che bacino di abitanti deve raggiungere il capoluogo per avere un peso specifico degno di nota?
«Dipende da cosa parliamo: un bacino di 300/400mila abitanti potrebbe essere importante per la sanità, ma insufficiente per l’aeroporto. Dobbiamo creare un sistema che, intorno alla città capoluogo, faccia convergere l’intera regione».
Cosa che fino ad oggi non è successa.
«Il capoluogo non è stato attrattivo: oggi a fare la differenza sono i servizi. Se non hai servizi veloci ed efficaci, non sei attrattivo. E per sostenere i servizi serve un adeguato numero di utenti. In questo senso, bisogna capire che servono infrastrutture all’altezza del capoluogo. Per questo, alcune opere che si stanno realizzando, come il raddoppio della SS16, l’Ultimo miglio o il potenziamento dei voli rivestono un ruolo importante sia per Ancona che per l’intera regione». 
Ancona a parte, dovrebbero esserci altre fusioni nelle Marche?
«Bisogna vedere caso per caso. Ma Ancona deve diventare un punto di riferimento perché, mancando un centro forte nell’Adriatico, il primo che si candida a questo ruolo diventa grande attrattore sui servizi. Ed è Ancona a doversi candidare a questo ruolo, ma per farlo bisogna ragionare in una logica di sistema. Solo così si può emergere come città metropolitana e come regione».
 
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