Crisi e guerre, l’anno nero dei porti. Ad Ancona le merci calano del 10%

Vincenzo Garofalo, presidente dell'Autorità portuale
Vincenzo Garofalo, presidente dell'Autorità portuale
di Martina Marinageli
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Mercoledì 14 Febbraio 2024, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 08:51

ANCONA – Il 2023 non passerà alla storia come l’anno d’oro dei porti. Praticamente tutte le Authority italiane hanno registrato una flessione nella movimentazione delle merci e dei contenitori, compresa quella del Mar Adriatico centrale che comprende gli scali marchigiani e quelli abruzzesi. Una contrazione che si cristallizza in un dato: -10% rispetto al 2022 nel traffico merci del porto di Ancona, core del medio Adriatico. 

Le ragioni della frenata

Il calo è connesso in particolare alla riduzione dei traghetti verso la Grecia, solo in parte compensato dal +3% centrato dai prodotti petroliferi (rinfuse liquide di Falconara). Il traffico dei contenitori è rimasto sostanzialmente stabile (1.150.000 tonnellate), mentre viene registrato un incremento del 5% nei Teu (container standard), passati da 165.350 a 173.150. Una fotografia in chiaroscuro quella scattata dai dati dell’Autorità portuale, che accomuna il porto dorico agli scali del resto d’Italia. La frenata generalizzata del settore è connessa da un lato alla congiuntura economica che nel 2023 è stata tutto fuorché brillante; dall’altro all’instabilità internazionale. Anche prima che si incendiasse la situazione in Medio Oriente, con conseguente blocco del Canale di Suez, l’impatto del conflitto russo-ucraino e le progressive tensioni che si sono registrate nel bacino del Mediterraneo hanno comportato «conseguenze negative nella disponibilità dei materiali, nelle generazione della domanda e nello sviluppo dei traffici», fa sapere l’Authority.

La mannaia del caro prezzi

In particolare, sui dati negativi di inizio 2023 ha pesato l’impatto dell’inflazione dovuta all’impennata dei prodotti energetici.

In sostanza, sono andati in crisi i fondamentali dell’economia e poiché i traffici portuali sono un riflesso dell’economia reale, l’intero sistema è andato in sofferenza. E il peggio deve ancora arrivare perché il vero “effetto Suez” i porti adriatici lo vedranno nei prossimi mesi. In realtà qualche contraccolpo si è già sentito, ma gli effetti non sono ancora sistemici: alcune compagnie, per esempio, hanno spostato le proprie rotte per non entrare nel Mediterraneo. È in atto un’ennesima riorganizzazione del sistema, che negli ultimi 4 anni è passato da un’emergenza all’altra, a partire dalla pandemia per arrivare alle guerre, passando per la fiammata inflattiva. La fortuna del sistema portuale dorico e dell’Adriatico centrale è quella di essere impegnato su più fronti. Dunque, a fare da contrappeso al calo del traffico merci ci sono i buoni dati sui passeggeri: si è passati dai 947.000 del 2022 ai 948.500 del 2023, con annesso un aumento del 20% del traffico crociere (da 73mila a 87.827 croceristi). «Ci aspettiamo i contraccolpi della crisi di Suez - guarda al medio termine il presidente dell’Authority Vincenzo Garofalo - ma il fatto che quello di Ancona sia un porto impegnato su più fronti ci aiuta ad affrontare momenti come questo».

Le crisi in serie

E per affrontare le varie emergenze che si presentano alla porta, «dobbiamo sempre essere pronti ad affrontare il mercato. Per esempio, si può pensare di spostare sul mare i traffici che ora viaggiano su gomma. Quando ci sono flessioni, si deve essere capaci di reagire - la ricetta di Garofalo - il mercato oggi non ti consente di dormire tranquillo. Se i porti si fermano, si ferma l’economia». Sul pontile non può sventolare bandiera bianca.

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