La cronaca di un crac annunciato
Ancona, un milione e mezzo di debiti

La cronaca di un crac annunciato Ancona, un milione e mezzo di debiti
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Mercoledì 19 Luglio 2017, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 09:43

ANCONA - Dopo la bancarotta dell’Ancona Calcio di Ermanno Pieroni, dichiarata il 10 agosto 2004, il calcio dorico potrebbe fare di nuovo crac, sepolto da un cumulo di debiti che ha superato ormai il milione e mezzo di euro. Il tentativo annunciato dall’amministratore delegato David Miani di evitare il fallimento, mettendo in liquidazione tra dieci giorni l’Us Ancona 1905, sembra una corsa contro il tempo, con tanti ostacoli quanti sono i creditori. Molti di loro bussano alle porte del club con decreti ingiuntivi e un capitale sociale di appena 200 mila euro, per altro versato per neanche 50 mila euro, non basterà a sfamarli.

Il liquidatore, probabilmente lo stesso Miani, dovrà trovare un accordo con i creditori evitando istanze di fallimento che porterebbero la società alla bancarotta. Ma cos’ha da mettere sul piatto della bilancia l’amministratore delegato che ha di recente rilevato il 40% delle quote societarie dal gioielliere abruzzese Mastropietro? Avanza ben poco, 70 mila euro, della fideiussione da un milione lasciata in garanzia da Andrea Marinelli quando passò il club a Sosteniamolancona e servita a pagare stipendi arretrati. Poi ci sono 170 mila euro di crediti in Lega, che però ha congelato i versamenti per le inadempienze del club, circa 700mila euro di debito sportivo, tra emolumenti ai tesserati, ritenute Irpef, versamenti al fondo di fine carriera. Poi Miani avrebbe in tasca un contratto di sponsorizzazione da 200 mila euro con una società di prodotti ittici del Trevigiano, ma al momento manca una maglia su cui veicolare il marchio, perché con la decisione di non iscrivere l’Us Ancona 1905 al campionato di serie D lo sponsor veneto non metterà soldi sul banco, tanto più che la messa in liquidazione impedirà l’iscrizione ai campionati. Svaporati da tempo gli otto contratti di sponsorizzazione che nel bilancio semestrale approvato il 31 marzo scorso erano stati iscritti per un valore complessivo di 872 mila euro.

Sull’altro piatto pesano i debiti con il Fisco, che potrebbero tradursi in cartelle esattoriali capace di far saltare il banco. Ad aprile scorso l’Ancona aveva maturato un debito Iva di circa 300 mila euro e si stava cercando di dilazionarlo con rate da diecimila euro, mentre l’esposizione con l’Inail ammontava a 100 mila. Si stanno facendo avanti, ottenendo dal tribunale decreti ingiuntivi di pagamento, anche diversi fornitori di beni e servizi, voce che peserebbe nel monte debiti dell’Ancona per circa 200 mila euro. Una sola azienda avrebbe già ottenuto un titolo ingiuntivo per 30 mila euro, mentre s’aggira sui diecimila euro il credito vantato dal Bar Diana del viale della Vittoria per pranzi e cene consumate da giocatori biancorossi. Ha ottenuto decreti ingiuntivi anche l’ex patron Andrea Marinelli, che vanta un credito complessivo di circa 30mila euro per due società del suo gruppo: la Akifix, che ha continuato a pagare materiale tecnico sportivo all’Ancona anche dopo il passaggio della società a Sosteniamolancona, e la Jayeu, società che ha in gestione anche l’agriturismo di Monte San Vito Terre di Maluk, per pasti e foresteria.

Ma non sarà certo Marinelli a far capitolare l’Ancona, come spiega il suo legale, l’avvocato Francesco Baldini: «Per scelta societaria non abbiamo avviato l’esecuzione del decreto ingiuntivo, ma solo chiesto e ottenuto un titolo per avere garanzia dell’esistenza del credito. Ci siamo premuniti in caso di fallimento della società o passaggio ad altri proprietari, non c’è l’intenzione di Marinelli di procedere con l’esecuzione del decreto». Altri creditori potrebbero farsi meno remore affettive di Marinelli, tanto che sarebbero iniziate le prime procedure di pignoramento.

Si sono mossi anche consulenti del lavoro e commercialisti che nel complesso avanzano dall’Ancona onorari per 92 mila euro. Qualcuno ha transato, ma non tutti. E incombe come un macigno, sulle sorti del club, il credito di 230 mila euro vantato da un imprenditore calzaturiero del Fermano che negli ultimi tempi ha dato ossigeno alle casse dell’Ancona. E se li chiedesse indietro?
Poi ci sono ex dipendenti, agenti, consulenti e procuratori, ma anche il Comune di Ancona, per l’affitto degli impianti sportivi. Tutti in attesa delle mosse dell’eventuale liquidatore, che per tacitare i creditori dovrebbe improvvisamente trovare i soldi (liquidando l’attivo o convincendo i soci a pagare quote non versate o eventuali investimenti a cui si erano impegnati) che l’Ad non è riuscito a garantire per l’iscrizione al campionato di serie D. 

Se l’assemblea dei soci nominerà proprio lui come liquidatore, Miani dovrà compiere un capolavoro, trovando accordi con tutti i creditori, accontentandoli magari in parte e con rateizzazioni.

Per ora l’ad non è intenzionato a portare i libri in tribunale, ma potrebbe nelle vesti di liquidatore rendersi conto che lo squilibrio tra passività e attività è tale da non concedere alternative. Ma nel frattempo a mettere i bilanci nelle mani dei giudici potrebbero essere altri, ad esempio i revisori dei conti, che più volte negli ultimi mesi avevano sollecitato una convocazione dell’assemblea dei soci per prendere di petto la questione dei conti. E l’importo dei debiti è tale da esporre la società a istanze di fallimento. In teoria il liquidatore potrebbe anche rischiare in proprio, con un’accusa di concorso in bancarotta impropria, se la procura dovesse ritenere che la situazione di insolvenza era talmente conclamata che il liquidatore ha solo ritardato il fallimento aggravando la situazione debitoria con l’aumento degli interessi passivi e delle spese correnti.

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