Gli aneddoti, i valori e il tesoro del campione
L'eredità di Scarponi a un mese dall'addio

Gli aneddoti, i valori e il tesoro del campione L'eredità di Scarponi a un mese dall'addio
di Andrea Taffi
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Lunedì 22 Maggio 2017, 22:13 - Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 22:07
«Io credo che Michele non vada solo ricordato. C’è qualcosa di più grande in questa tragedia che a tutt’oggi ci portiamo dentro. Qualcosa da tirare fuori e scolpire, lasciare stampato ai giovani sul comodino del letto, nello specchio in cui si guardano alla mattina. Una sorta di testamento valoriale, il tesoro della vita di Michele». Giuseppe Antinori, osteopata osimano, da sei anni era il custode dei muscoli d’acciaio dell’Aquila di Filottrano. Un mese dopo la morte di Michele Scarponi, il campione di ciclismo investito e ucciso il 22 aprile da un furgone nella sua Filottrano, che stasera alle 21 verrà ricordato con una messa alla chiesa della frazione di Cantalupo, Antinori non sa darsi pace. Parla con le mani alla bocca, come se pronunciasse un’orazione segreta.

Il primo memoriale
Doveva partire con Michele per andare sull’Etna, il giorno dopo quel maledetto sabato «per rifinire la preparazione dal 23 al 30 di aprile. Era un fuori programma individuale, senza squadra: l’aveva deciso dopo aver saputo che al Giro del Centenario sarebbe stato capitano dell’Astana. Io penso che lo dovremo raccontare ai ragazzi per molti e molti anni chi era Michele Scarponi». 

1. Adattati a ogni situazione
«Michele - continua Antinori - era grande perché riusciva ad adattarsi a tutto. Nel 2011, nel Giro che vinse, dopo l’ultimo tappone al Sestrière, c’era il trasferimento a Milano per la crono finale. Per Contador era pronto l’elicottero, così come per Nibali, terzo. Per Michele no: c’era il bus, tre ore di trasferimento. Sarebbe arrivato molto tardi e questo gli avrebbe impedito di fare tutti i trattamenti necessari al recupero dello sforzo. Mi disse: “non ti preoccupare. Ci organizziamo nel bus....c’è sempre una prima volta, no?”. Lo trattai in viaggio tra Torino e Milano. Il giorno dopo riusci a conservare il secondo posto che poi lo consacrò alla storia dopo la squalifica di Contador.

2. Dimentica tutto e riparti
«Aveva una capacità incredibile di passare sopra anche a disavventure, incomprensioni, sfortune. Nel 2012 Michele perse il podio al Giro per una gestione poco brillante della squadra riguardante lui e Cunego. Cunego andò in fuga e tirò dritto per vincere sullo Stelvio: non si fermò per aiutarlo nè gli fu chiesto dall’ammiraglia. Io lo attendevo a Milano per trattarlo prima della crono finale. È stata la volta che l’ho visto più arrabbiato. Ma gli è durata poco. Tutte le altre volte che subiva un torto o era vittima della sfortuna durava il tempo di qualche ora. Ci dormiva ed era più carico di prima». 

3. Distingui l’atteggiamento
«Michele - documenta poi Antinori - non solo era incapace di serbare rancore, ma distingueva il comportamento. Si elevava. Sul Colle dell’Agnello nel Giro 2016, Michele in fuga passa Cima Coppi con diversi minuti di vantaggio e si ferma per aspettare il suo leader Nibali. Molti hanno citato l’episodio ma nessuno ha detto che Michele non è stato obbligato dall’ammiraglia. È stato invitato e poi lasciato libero: nonostante una delle sue ferite sportive era legata a un episodio identico, lui si è distinto, ha fatto l’esatto opposto. Ha aspettato il suo leader con i piedi a terra, fatto del tutto raro per un ciclista scendere dalla bici. Ha tirato poi per 20 km controvento per portare il suo capitano più fresco possibile nell’ultima salita».

4. I soldi non sono tutto
«Nel quadro delle grosse delusioni superate - ricorda ancora Antinori - c’era la vittoria del Giro 2011. Michele diceva sempre che “aveva vinto il Giro ma non aveva visto un euro”. Successe questo: Michele venne sanzionato per aver fatto dei test prima di passare in Lampre con Ferrari, medico allora inibito poi radiato per doping. Si autosospese, d’accordo con la squadra, nel periodo tra il 2012 e 2013 ma gli costò i premi relativi ad essere diventato il vincitore del giro 2011. Con Saronni rimase in ottimi rapporti al punto che nel periodo Astana non tutti sanno che la Lampre lo ricercò».

5. Andare oltre il dolore
«Nel primo giro d’Italia con l’Astana - ricorda Antinori - siamo nel 2014. Michele subì una caduta pesante nella prima tappa con l’arrivo in salita a Cassino. Fu stoico e proseguì con grossi problemi, non riusciva a respirare. Mollò in cima al Gavia sotto la neve, solo dopo si scoprì che aveva corso con una costola crinata. Ricordo quanto gli dispiacque che nella sua nuova squadra avevano dubitato di lui, come si fosse tirato indietro. Bene, un mese dopo, al Tour che Nibali vinse, Scarponi dimostrò di che pasta era fatto».

6. Sii generoso, con tutti
«Su questo di esempi ce ne sono a milioni. Chiedete in giro se Michele abbia mai rifiutato l’invito di una ciclistica, di un gruppo di ragazzi. Era sempre in prima linea e per i suoi tifosi non si risparmiava. all’ultima festa col suo fan club erano più di 500. Ha avuto una parola o meglio una battuta per ognuno, La sera lo vidi sfinito ma contento». 

7. Attaccamento alla famiglia
Antinori arriva ai passaggi più delicati. «Da sempre Michele, e sopratutto da quando erano nati i figli, preferiva allenarsi in zona a costo di grandi sacrifici o orari pesanti. Accettava a malincuore i lunghi ritiri, l’altura, le Canarie. Lo riteneva un plus». 

8.
Fatica sì ma sorridendo

La stessa che cosa che ha fatto il 21 aprile 2017, venerdì: «Ci eravamo sentiti verso le 22 - dice Antinori, la voce incrinata - dopo il Tour of Alpes. Era appena rientrato e voleva allenarsi la mattina dopo. Gli ho detto: ma perchè esci domani, hai corso fino a qualche ora fa. Dai domenica inizi subito con un bell’allenamento appena arriviamo a Catania. Invece no, era dedito alla fatica, la sua religione. Abbracciava il suo lavoro, sempre con il sorriso. E questo è l’ultimo messaggio per ognuno di noi. Qualsiasi cosa fai, fallo con serietà e impegno. E sorridi sempre».
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