Tamberi, dai canestri ai cinque cerchi. Gimbo story per immagini, una vita dedicata a sport e grandi passioni

Gianmarco Tamberi nella sala storica del Corriere Adriatico nel novembre del 2016
Gianmarco Tamberi nella sala storica del Corriere Adriatico nel novembre del 2016
di Stefano Rispoli
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Martedì 3 Agosto 2021, 05:50 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 06:12

ANCONA - Per fortuna non ha seguito l’istinto. Lo avrebbe portato a giocare a basket in qualche campo di periferia - sì, era bravino come guardia al Campetto (oggi Luciana Mosconi) in serie D, ma non un talento come l’altro olimpionico anconetano Achille Polonara, che ha incrociato da ragazzino - o, chissà, a suonare la batteria in qualche rock band, lui che si divertiva come un matto a fare chiasso con gli amici dei “Dark Melody”.

Magari, con quel faccino d’angelo, avrebbe fatto l’attore, come il fratello Gianluca, comparso in tv nella serie “Don Matteo”, quella di Terence Hill.

Ma alla fine hanno prevalso i saggi consigli del papà-allenatore Marco. «Tu sei fatto per saltare». Una premonizione, detto da chi alle Olimpiadi c’è stato (Mosca 1980), ma si è fermato a 2 metri e 15 d’altezza. E così Gimbo ha vinto l’oro a Tokyo. Saltando 22 centimetri in più. 


La passione 
 

Lo zampino deve averlo messo anche lo zio Massimo, docente di Economia: pure lui da adolescente volava a 2,10, poi ha scelto la carriera universitaria. Non è stato semplice convincere Gianmarco ad abbracciare l’atletica. Il suo vero amore era il basket. Passava i pomeriggi nel campetto dello stadio Dorico a fare canestro con gli amici, tra graffiti e retine squarciate, come nella periferia di una metropoli, sognando di ripercorrere le orme di Tracy McGrady, il suo idolo e consumando pop corn in salotto, davanti alle partite della Nba e degli Houston Rockets, la squadra del cuore.

Prima del Campetto era cresciuto alla Robur Osimo, poi un’esperienza-lampo nelle giovanili della Stamura, interrotta dal “no” del papà per indirizzarlo all’atletica. A 16 anni la svolta: il salto in alto è diventato una fede, un lavoro. E gli ha regalato la fama. Nato a Civitanova nel 1992 ma cresciuto ad Offagna, con puntate a Camerano dalla famiglia di mamma Sabrina, a 22 anni ha deciso di andare a vivere da solo, ad Ancona, alle Palombare, a due passi dal campo d’atletica “Italico Conti”, la sua seconda casa. 


La scuola

Da ragazzo Gimbo non era propriamente un “secchione”, ma al Savoia-Benincasa sapeva come sfangarla. Certo, per tenerlo fermo al banco servivano le catene. Era piuttosto vivace, diciamo così. Ne combinava di cotte e di crude, ma la passava sempre liscia. Una volta andò in bagno e tornò in aula con i capelli a zero. Forse erano prove dell’halfshave, la barba a metà, marchio di fabbrica sperimentato da ragazzino (anche qui pare sia stato il padre a suggerirgli di mantenere quel look, dopo aver migliorato il suo primato di 11 centimetri in una gara) ed esportato in tutto il mondo, ma non a Tokyo, dove ha scelto una sobria rasatura bilaterale.

Una maturità anche estetica, che l’ha spinto dritto verso l’oro, medaglia che ieri esibiva urbi et orbi sui social: «Tu ed io, per sempre insieme». Più o meno le parole pronunciate il 13 luglio, due giorni prima di partire per il Giappone, alla donna della sua vita, Chiara Bontempi. Cento rose rosse, candele, smoking tirato a lucido e un anello di diamanti, nello scenario mozzafiato de La Torre di Numana, il loro ristorante preferito. «Vuoi sposarmi?». La proposta di matrimonio ha fatto il giro del mondo. Scontato il sì, dopo quasi 12 anni di love story. 

Chiara, 26 anni ad agosto, c’è sempre stata. Nel bene e nel male. Ha visto Gimbo saltare sempre più in alto, dall’esordio ai Mondiali Allievi del 2009 al 2,24 stabilito agli Europei di Helsinki del 2012, dal 2,31 agli Assoluti di Bressanone (2012) al 2,37 di Erbstadt (2015), dagli ori ai Mondiali indoor di Portland e agli Europei di Amsterdam (2016) fino al record-beffa di Montecarlo, quando salì a 2,39 (primato nazionale) e s’infortunò alla caviglia sinistra tentando i 2,41, prima dei giochi di Rio.

La Gimbo Story sembrava finita lì. E invece, dopo 5 anni e due interventi, eccolo qua, a gioire come un matto per un sogno che s’avvera, a mostrare al pianeta il gambaletto di gesso con su scritto “Road to Tokyo”, a “sparare” la medaglia più luminosa come fosse l’onda energetica di Goku, il protagonista di Dragonball, il cartone più amato da ragazzo. E poi video su video, da dare in pasto a Instagram e ai suoi 381mila followers. Il futuro? Il matrimonio, la laurea in Economia alla Luiss e una nuova casa ad Ancona, la sua Ancona, portata sul tetto del mondo. Poi si ripartirà, verso nuove conquiste. 

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