Morto Felice Gimondi, un grande italiano che non si è mai arreso IL COMMENTO

Morto Felice Gimondi, un grande italiano che non si è mai arreso IL COMMENTO
di Marco Lobasso
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Venerdì 16 Agosto 2019, 21:49 - Ultimo aggiornamento: 22:07
E stiamo ancora a contare le sue vittorie in circuito, tante, cosi da farci dire con orgoglio che ha vinto in carriera 135 corse e non 77, quelle uffficiali. E stiamo ancora a riguardarci, foto e testi, dei mille libri accumulati su di lui, il figlio della postina di Sedrina, Bergamo. E non smetteremo. Felice Gimondi ci ha lasciato a 77 anni e per lo sport mondiale, non solo italiano, si tratta di una perdita immensa. Il piu grande ciclista italiano di tutti i tempi dopo Coppi, ha rappresentato qualcosa di piu del semplice campione.

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Era un italiano come piace a noi, come abbiamo sempre sognato di essere noi, uno che non si arrende mai, non molla e combatte fino alla fine delle proprie energie, contro pronostico e destino. Un campione che non ha paura, non ne ha mai avuta, di battersi contro un Cannibale. Il Cannibale Merckx, che per noi era il drago cattivo, Mangiafuoco, Belfagor, un gigante maligno. Gimondi era la parte buona di noi, un eroe meno forte del fuoriclasse belga che però non lo temeva, ma lo combatteva, lo insidiava, lo inseguiva. Felice spesso perdeva, ma qualche volta vinceva, e quando lo faceva era meraviglioso e valeva piu di ogni altra cosa. Gimondi ci ha insegnato che i draghi possono essere combattuti e a volte sconfitti, che un uomo deve battersi nello sport, nella vita, seguendo il proprio destino, dimostrando coraggio, pur sapendo che sara quasi impossibile vincere. Quanto ci hai insegnato, Campione. Ci hai fatto uomini, ci hai regalato orgoglio da italiani, da atleti, da uomini. E stato bellissimo vederti combattere contro un drago cattivo, contro un Cannibale.

È stato meraviglioso vedere i nostri genitori innamorarsi di te, e noi con loro. È stato sublime essere tuo tifoso, sempre e comunque.
Dalla parte di quell' eroe coraggioso che si batte allo strenuo pur sapendo di non poter vincere. Ma arrivare secondo non è mai stata una sconfitta, né per te, né per noi. E poi, quando non te lo aspettavi quasi più, sono arrivate le rivincite. E che rivincite: il Mondiale del Montjuch in Spagna del 1973 in volata proprio su Merckx, il Lombardia poco dopo in maglia iridata. Il Giro di Italia del 1976, con Merckx ancora battuto. È stato bellissimo, campione. Il nostro Ettore per sempre, altro che Achille. Il nostro comandante coraggioso che non si stacca, né in salita ma nemmeno in discesa. Non si stacca dal Cannibale e poi, qualche volta lo batte. E noi con te. Sempre. Tu non lo hai lasciato davvero mai andare il Cannibale. Noi non lasceremo andare te, campione. Felice Gimondi e per sempre.
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