Nibali: «Vincere una medaglia?
Sarebbe qualcosa di eterno»

Nibali: «Vincere una medaglia? Sarebbe qualcosa di eterno»
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Lunedì 1 Agosto 2016, 17:38 - Ultimo aggiornamento: 18:12
RIO DE JANEIRO - Vincenzo Nibali sarà la punta di diamante della squadra azzurra alle Olimpiadi di Rio. Scelto dal cittì Davide Cassani come capitano della squadra, lo squalo dello Stretto partirà da favorito il prossimo sei agosto. Il percorso sarà duro ma adatto alle sue caratteristiche, anche se gli avversari da battere non saranno pochi. 

Che tipo di esperienza è stata quella del Tour di quest’anno?
«Una bella esperienza come è sempre il Tour. Sono andato con uno scopo ben preciso che avevo già annunciato a gennaio, ovvero come preparazione alle Olimpiadi e non per fare classifica. Abbiamo fatto il massimo poi certo quello che è successo a Fabio il penultimo giorno è dispiaciuto».
Cosa pensa delle polemiche che ci sono state nei suoi confronti?
«Mi interesso poco di queste cose, io guardo solo ciò che mi interessa. Non era scritto da nessuna parte che avrei dovuto far classifica anche se a tanti faceva gola la doppietta Giro e Tour. Io ho fatto un ottimo inizio di stagione e con tutti gli impegni e carichi di lavoro che ci sono oggi è impossibile secondo me vincere due grandi corse a tappe nella stessa stagione».
Il fatto di aver finito il Tour con buoni risultati,la mette nella condizione di poter affrontare la prova olimpica nel migliore dei modi, sia dal punto di vista fisico che mentale?
«Sicuramente sì. L’ultima settimana stavo meglio mentre nei giorni precedenti ci sono stati momenti in cui ero stanco e la forma fisica non era buona. Nel finale le cose sono andate decisamente meglio, infatti ho cercato di aiutare la squadra il più possibile, cercando anche di essere un valido sostegno per Fabio e di cercare una vittoria di tappa. Il livello è stato altissimo anche se la gente da casa non lo ha capito e cercare di fare la differenza quando si corre una gara come il Tour non è mai facile».
Pensa di aver tolto qualcosa a questo Tour per dedicarsi completamente alla preparazione olimpica?
«No assolutamente. Sono corse completamente diverse sia per quello che rappresentano che per la loro preparazione. Le Olimpiadi non sono un mondiale che si corre ogni anno, sono un evento che si celebra ogni quattro anni e quindi anche il loro significato nella carriera di un atleta cambia notevolmente. Quello di quest’anno poi è un percorso particolare molto duro ed essendo una prova secca e con solo 5 elementi, quindi non su più giorni come una corsa a tappe e più corridori in squadra, devi sperare anche di avere una giornata buona sotto tutti i punti di vista il giorno della gara, perché non esiste una seconda giornata».
Chi saranno i suoi avversari?
«Ci sono molti corridori che hanno possibilità di conquistare l’oro. Primo tra tutti Valverde che ha dimostrato di essere al meglio della forma. Lo abbiamo visto affrontare il Tour all’opposto di quello che ho fatto io, infatti ha puntato alla classifica e all’inizio è andato bene ma poi si è spento. Da lui c’è da spettarsi veramente di tutto. Poi c’è Rui Costa anche lui al Tour è andato bene cercando una vittoria di tappa. I colombiani saranno sicuramente protagonisti e non dovranno essere sottovalutati uomini come Pantano e Chavez, anche se la sorpresa di un emergente può esserci sempre».
La vittoria dello scorso anno al Lombardia l’ha aiutata ad avere una maggiore consapevolezza su quelle che sono le sue possibilità a Rio?
«Sono state due gare diverse. Le Olimpiadi si articolano su un percorso da 230 chilometri totali con un circuito finale da ripetere 4 volte con delle asperità. Quasi una corsa ad eliminazione perché al termine di ogni giro bisognerà vedere come si sta e chi è rimasto. Bisogna vedere come si mette la gara, perché se bisognerà inseguire tutto il giorno allora non sarà una gara buona, se invece saremo in partita tutto il giorno allora avremo possibilità di giocarci bene le nostre carte».
Quale potrebbe essere un punto chiave del percorso, dove fare la differenza?
«E’ difficile da dire ma sicuramente nel finale qualcosa può accadere».
Lei ha già vissuto due Olimpiadi. Che ricordi ha?
«La prima ero in aiuto a Paolo Bettini. Fu una corsa molto difficile con una fuga di giornata abbiamo inseguito tantissimo e nel finale non c’ero. A Londra nel 2012 era un percorso veloce più adatto ai velocisti e lavorai nella parte centrale della corsa per spezzare il gruppo nella salita che avevamo ripetuto diverse volte».
Quanto vale un’Olimpiade?
«Un’olimpiade è per sempre e vincere una medaglia è qualcosa di eterno, basta guardare come si ricorda la vittoria di Paolo Bettini. La si può equiparare alla vittoria di una grande corsa a tappe».
 
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