L’artista Marchesani: «La street art è cultura e Ancona deve capirlo»

L’artista Marchesani: «La street art è cultura e Ancona deve capirlo»
L’artista Marchesani: «La street art è cultura e Ancona deve capirlo»
di Federica Serfilippi
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Lunedì 15 Aprile 2024, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 12:11

ANCONA Bene i murales di Run per dipingere le facciate della Galleria Risorgimento. Ma poi? Che ruolo avrà la street art nella nostra città? Se lo chiede chi, per professione o diletto, armeggia con pennelli, bombolette spray e colori per rendere le città un museo pop a cielo aperto. «Cerchiamo più spazi dove dipingere, certo - dice l’artista Francesco Marchesani, abruzzese ma anconetano d’adozione -. Avevamo un accordo con la precedente amministrazione per avere dei muri a disposizione dove esprimerci, ma poi è caduto tutto in un silenzio assordante». Marchesani, in arte Onem, fa riferimento alla delibera con cui la vecchia giunta aveva approvato un pacchetto di progetti per dare spazi cittadini “in gestione” ai graffittari. Erano previste opere al Piano, Vallemiano, Parco del Cardeto, porto antico (c’era anche il nulla osta della Soprintendenza per dipingere un muro) e la palestra di Pietralacroce. Sembrava tutto pronto, poi tabula rasa. Complice, probabilmente, anche il risultato delle ultime amministrative.

La sfida

«Vorremmo provare a riproporre dei progetti - ancora Marchesani - ma siamo un po’ sfiduciati perché ogni volta sembra che elemosiniamo spazi da dipingere.

Molti di noi vengono chiamati per andare all’estero, ospiti dei festival. Ecco, qui quel richiamo non c’è». Di chi è la colpa? «Si fa fatica a vedere il graffitismo come un’arte che sia espressione di cultura. Ed è un paradosso, se pensiamo che Ancona è stata un punto di riferimento in passato del graffitismo non solo italiano». Piccola parentesi: il successo del Juice Jam del 1996, l’evento che fece da spartiacque alla scena Hip Hop con la session della pittura murale. «Adesso la città - dice ancora Marchesani in riferimento al paradosso della street art - sembra essere poco permeabile alle contaminazioni più fresche e nuove. Insomma, c’è gente che fa e fa bene, ma non lo fa qui».

Tradotto: perché qui non ha la possibilità di farlo. L’arte murale è relegata soprattutto tra i vicoli di Capodimonte. Che l’opera di Run possa essere l’inizio di un nuovo capitolo? «Sono molto contento che sia stato scelto lui, che tra l’altro è anconetano. Dunque, l’opera ha una doppia valenza». Il timore: «Che ci sia l’interesse verso la nostra arte solo quando serve. Torno a dire, la cultura non è solo Mole, festival e Teatro delle Muse. Quando pensiamo ad intercettare i fondi europei, pensiamo anche ad un altro tipo di cultura: la street art». Altrimenti, i nostri artisti continueranno a lavorare e ad essere apprezzati ovunque, ma non nella città dove vivono. Del resto, nemo propheta in patria.

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