La guerra di Vladimir Putin uccide, distrugge e irride il nemico. Non c’è onore delle armi, perché le vittime sono soprattutto civili. Colpiti con una pallottola alla testa, le mani legate dietro alla schiena, gettati in fosse comuni e con tanto di medaglia a chi ha sparato. L’ultimo affronto del presidente russo è il riconoscimento assegnato al reparto di stanza a Bucha, accusato di crimini di guerra sui quali indaga la procuratrice generale ucraina Irina Venediktova: la 64esima brigata fucilieri motorizzati è stata insignita del titolo di «Guardia». Una decisione, chiaramente provocatoria, motivata dal Cremlino per «l’eroismo di massa, coraggio e forza che è stato dimostrato dai militari nelle azioni belliche di difesa della patria e degli interessi di Stato». Operazioni che comportano il lancio di missili sulle città. Ora i russi muovono a Est, l’attacco «è iniziato ed è un inferno», fa sapere il governatore di Lugansk Sergiy Gaidai, a proposito della cosiddetta Fase 2 dell’offensiva russa.
I MISSILI
L’allerta aerea è stata dichiarata in quasi tutte le regioni del Paese.
VIA ALL’OFFENSIVA
Al di là degli attacchi missilistici sulla capitale e sull’Ovest, il baricentro della guerra si è spostato sul fronte orientale. Nella regione di Lugansk è stata conquistata Kreminna: «Hanno sparato sulla gente, quattro persone sono morte e ora hanno il controllo del centro abitato. Impossibile evacuare i civili», annuncia su Telegram Sergiy Gaidai. Due missili sono caduti su Dnipro, causando feriti, altri hanno colpito i distretti di Synelnykiv e Pavlograd. «Possiamo ora affermare che le truppe russe hanno iniziato la battaglia per il Donbass, per la quale si stavano preparando da tempo. Una grande parte dell’esercito russo è ormai consacrato a questa offensiva», ha rilevato Volodymyr Zelensky, che chiede armi all’Occidente definendo ogni ritardo nelle forniture come un «permesso alla Russia per uccidere». Fonti del Pentagono informano che l’esercito invasore muove «artiglieria pesante e velivoli» verso oriente e il portavoce del ministero della Difesa del Cremlino, il colonnello Oleksandr Motuzyanyk, conferma: «Le forze russe hanno completato il raggruppamento delle truppe in vista dell’offensiva».
Le autorità del Lugansk hanno invitato i residenti a evacuare immediatamente la regione sudorientale: «La prossima settimana potrebbe essere difficile. Questa potrebbe essere l’ultima volta che abbiamo ancora la possibilità di salvarvi», avverte Gaidai. Nel frattempo gli invasori non allentano la presa su Mariupol. «La battaglia continua. Il nemico sta prendendo d’assalto il porto», è l’informativa quotidiana diramata dallo stato maggiore ucraino. L’assedio è sempre più serrato, con bombardamenti martellanti sulle acciaierie di Azovstal, e nei rifugi sotterranei, dove le autorità comunicano la presenza di almeno mille civili. Mariupol è alla fame ma cerca di resistere. «Il 20% della città è ancora nostro», è l’agguerrita dichiarazione del vice sindaco. E il battaglione Azov lancia sui social un video dei combattimenti: «Continua la difesa di Mariupol. Nonostante le forze schiaccianti del nemico, i combattenti del reggimento Azov contrattaccano».
BAMBINI SCOMPARSI
L’approccio dei russi a Mariupol, si legge nell’ultimo rapporto dell’intelligence britannica, è lo stesso adottato «in Cecenia nel 1999 e in Siria nel 2016: gran parte delle infrastrutture sono state distrutte e ci sono molte vittime tra gli abitanti». A parlare per tutti è il maggiore dei marines Sergiy Volyna, che ha scritto una lettera a papa Francesco affinché «salvi la popolazione allo stremo, è giunto il momento in cui solo le preghiere non bastano più». E proprio dalla Crimea giunge l’allarme di un gruppo per i diritti umani secondo cui i soldati russi avrebbero portato via con la forza da Mariupol 150 bambini, 100 dei quali erano ricoverati in ospedale e la maggior parte strappata ai genitori.
«Sono stati trasferiti dall’esercito nel Donetsk occupato e nel Taganrog russo», denuncia Olha Skrypnyk, responsabile dell’associazione. Petro Andriushchenko, consigliere del sindaco di Mariupol, racconta che «alcuni dei bambini rapiti hanno perso i genitori nei bombardamenti, ma hanno comunque tutori nei territori non occupati o sono sotto la protezione dello Stato». Gli orfani, invece, insieme con il personale dell’istituto della città, erano stati evacuati da Mariupol tra il 24 e il 25 febbraio.
Al grido d’allarme dei volontari si aggiungono le accuse del presidente Zelensky, il quale afferma che dall’inizio dell’invasione 5.000 bambini sono stati «deportati» in Russia dalla regione di Mariupol. «Non hanno permesso loro di andare nelle zone libere dell’Ucraina: quei bambini dove sono? Non lo sa nessuno», riflette. L’esercito russo porta solo devastazione, dice il sindaco di Bucha Anatoliy Fedoruk. «Durante l’occupazione è stato ucciso un abitante su cinque. Personalmente, come migliaia di miei concittadini, provo odio per coloro che hanno torturato e ucciso i pacifici abitanti di questo posto».