Valter Scavolini: "Il primo scudetto
momento che non dimenticherò mai"

Valter Scavolini: "Il primo scudetto momento che non dimenticherò mai"
di ADELIO PISTELLI
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Venerdì 21 Novembre 2014, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 12:02
PESARO - Personaggio vero, marchio di Pesaro e un feeling forte forte con lo sport. Entra in ufficio quando non sono neanche le otto del mattino. Se ne va, quando sono passate abbondantemente le cinque del pomeriggio. “Il lavoro aiuta. Poi, in questi periodi, non è giusto allontanarsi e lasciare chi guida l’azienda. Persone straordinarie ma, forse, un pizzico di esperienza in più aiuta sempre”.



Sono parole di Valter Scavolini, pesarese doc, fondatore dell’azienda Cucine che porta il suo nome e, per oltre quarant’anni, anche un grande impegno economico nel mondo dello sport vincendo scudetti con il basket, con il volley femminile e senza dimenticare il 1982 quando raggiunse il tricolore con il Rugby L’Aquila. Ma ci sono anche le meravigliose esperienze con il tennis dei fratelli Panatta, con il baseball e il softball Pesaro. Tutti momenti straordinari.



Oltre quarant’anni nello sport, stella d’oro del Coni, Cavaliere della Repubblica, da un po’ è fuori: non le manca?

"Ho dato tanto, ho ricevuto tanto. Soddisfazioni e emozioni bellissime, con la pallacanestro ma anche con il volley femminile. Sono stati anni meravigliosi anche se, a volte, ho dovuto ingoiare bocconi amari. No, è un mondo che non mi manca e non rimpiango nulla. Però, ogni cosa a suo tempo. Quando ho lasciato, ero sponsor delle donne del volley e sono molto amareggiato per come è finita la loro storia. Però ho lasciato con responsabilità e coerenza".



A Pesaro ha vinto due scudetti con il basket, tre con le ragazze del volley: differenze? E’ stato diverso anche se emozionante entrambe le volte. Non posso nasconderlo: vincere il primo scudetto del basket, resta la soddisfazione primaria. Dopo averlo inseguito e sognato, dopo aver tanto sofferto, dopo 12 anni di sponsorizzazione, è stato ancor più bello. Ma arrivare sul gradino più alto anche con le donne è stato qualcosa di speciale. Anni di trionfi, incancellabili per un bilancio semplicemente fantastico. Da ricordare”.



Come arrivò nello sport?

"Prima dell’esperienza con il basket, ero copresidente del Pesaro Calcio, in Serie C, ma volevo fare qualcosa di personale per far conoscere la nostra azienda. Volevo provare a fare un salto di qualità e così mi sono affidato alla squadra di pallacanestro (era il 1975, ndr) e la scelta si rivelò azzeccata".



A proposito di pubblicità: vale oggi aiutare lo sport?

"Vale, ma non è più come una volta. Negli anni c’è stata una rivoluzione mediatica con tanti canali televisivi ed è diventato tutto dispersivo e spesso scema l’interesse. Una situazione che vale anche per il mondo dello sport".



Rifarebbe tutto ciò che ha fatto?

"Tutto e, se potessi, aggiungerei qualcosa di positivo in più. Però, forte dell’esperienza non rifarei tanti errori, uno su tutti".



Quale?

"Quando costruimmo una squadra giovane, molto giovane e ci costò la retrocessione. I cambiamenti vanno fatti ma, con gradualità".



Il momento più bello?

"Mi aiuta il cuore: il primo scudetto con Pesaro Basket".



L’amarezza più grande?

"L’ho detto. La retrocessione con una squadra di giovani. Errori di valutazioni imperdonabili anche per come abbiamo passato quella stagione, cercando di riparare, spendendo e continuando a sbagliare".



Il campione a cui è più legato?

"Sono affezionato a tutti, gelosamente custoditi nella mia memoria. Ma dico Walter Magnifico, la nostra bandiera".



E’ uscito dallo sport perché non si divertiva più, perché troppo amareggiato o perché era tempo di uscire?

"Era tempo. Era giusto che ci fosse un passaggio del testimone a chiunque avesse voluto: a costo zero. Ci sono stati dei momenti delicati, ho sofferto per certe situazioni ma il mio ritiro è solo legato a una scelta naturale".



Lei è nel lavoro da oltre cinquant’anni. Da questa crisi usciremo?

"E’ dura. La frittata è stata fatta in passato. Spese pubbliche eccessive, scelte scriteriate e favoritismi per i voti hanno prodotto gran parte del caos economico".



Una medicina?

"Tagliare di brutto, guardare ai Paesi vicini a come lavorano spendono e investono. E credere nelle nostre potenzialità".





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