JESI Rimbalzata sui giornali, la notizia dell’arresto di uno di capi della gang che dal 14 febbraio ha messo a segno in città una serie di furti, rapine e aggressioni ai danni di vittime spesso giovanissime, e la segnalazione al tribunale dei minori degli altri cinque presunti complici, sembrava aver placato, o almeno in parte, la rabbia e la preoccupazione dei genitori, che avevano ringraziato i carabinieri per il loro lavoro. E invece, proprio ieri pomeriggio, un nuovo grido di denuncia. «Ora prendano anche gli aggressori di mio figlio», ha detto una mamma che al Corriere Adriatico.
Il racconto
La donna ha raccontato di come l’8 marzo suo figlio sia stato aggredito da un gruppo di sei ragazzi mentre, con un amico, stava passeggiando lungo corso Matteotti. «Il modus operando è lo stesso – ha continuato – gli hanno chiesto una sigaretta e poi li hanno accerchiati e picchiati».
Il ragazzo, ventiseienne di Jesi, ha riportato un trauma contusivo dell’emicostato destro.
«Mio figlio è riuscito a guardarli in viso, conosceva i loro nomi perché girano spesso in città e non è stato difficile per lui identificarli – continua – sono ragazzi problematici, non nuovi a questo tipo di episodi». Dall’identikit offerto dalla vittima sembra, anche se saranno le forze dell’ordine a stabilirlo, che gli aggressori, tutti tra i sedici e i diciotto anni, di origine siriana e dominicana, non appartengano alla baby gang di cui martedì scorso, è stato arrestato uno dei capi: il diciannovenne di origine nordafricana. Attualmente ai domiciliari, ieri è stato condotto dai carabinieri in tribunale per l’interrogatorio di garanzia.
Le accuse
Tra i reati a lui contestati: una rapina il 17 febbraio alla fermata di un bus dove è riuscito con l’aiuto di un complice a sfilare a un 60enne, aggredendolo, il portafoglio con 2.200 euro, una seconda il 28 marzo in via Ancona, armato di coltello e sempre con l’aiuto di un complice è fuggito con un bottino di venti euro, poi il giorno stesso l’episodio di violenza ai giardinetti, ma nessun accenno, tra i capi d’accusa, all’aggressione dell’8 marzo ai danni del 26enne. «Ora mio figlio sta bene, anche se abbiamo passato dei momenti difficili. Questi episodi rovinano famiglie intere, per questo è importante che questi ragazzi siano presi, si, ma soprattutto recuperati tramite un piano di rieducazione perché è indubbio che abbiamo bisogno di essere aiutati e non abbandonati».