Ancona, bandiere palestinesi all’inaugurazione dell’anno accademico. Gli studenti dell’Università: «Stop con gli atenei israeliani»

Bandiere palestinesi all’inaugurazione dell’anno accademico
Bandiere palestinesi all’inaugurazione dell’anno accademico
di Maria Cristina Benedetti
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 02:25 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 10:25

ANCONA Sul petto di Gianluca Ferri c’è una spilla con la bandiera della Palestina, accanto a quella della Politecnica. Il rappresentante del Consiglio studentesco, al teatro delle Muse per l’inaugurazione dell'anno accademico, si appella alla gandhiana forza della nonviolenza. Alle proteste per Gaza, che infiammano le università americane (e non solo), l’ateneo dorico si associa ma con la pacificazione delle parole. Srotola, Ferri, una bandiera della Palestina sul leggio - mentre in sala altri studenti alzano lo stesso vessillo e alcune kefiah - e dedica il suo intervento, che segue quello del rettore Gian Luca Gregori, alle «persone morte stanotte a Rafah». 

La posizione

Lo consacra al «genocidio che avviene nel silenzio». Stende il suo manifesto: «Chiediamo all'unanimità l'immediata interruzione dei rapporti con le università israeliane». Imprime vigore al suo proclama: «Tutto potrà sembrare astratto, ma una Palestina libera è qualcosa di concreto». Arriva a farne teorema delle sue convinzioni: «Le università sono parte del motore che cambia il mondo». Non accetta che quegli spazi del sapere siano dilaniati: «È doloroso vedere una tale ferocia nei confronti di studentesse e studenti che vogliono ancora poter sognare in modo diverso, in un mondo dove la vita e i diritti umani vengono salvaguardati; dove la giustizia sociale prevalga sugli interessi economici e politici». Non accetta Ferri, e declama l’elenco dei no come un mantra: «Persone uccise ogni giorno da decenni.

Apartheid, occupazione, vite spezzate dall'ideologia sionista, paesi interi ciechi, sordi e muti di fronte al genocidio in corso». Allora spera: «Che la nostra voce qualcosa valga. Di una Palestina libera non se ne parla, di uno stop al genocidio, non se ne parla. Di una condanna allo Stato sionista di Israele, non se ne parla e in una sede come questa sembra anche fuori luogo».

Il crescendo

È un crescendo, nei toni: «Noi siamo ancora qua a difendere la libertà e il diritto di autodeterminazione dei popoli, perché con la Resistenza dei popoli si scrive oggi la Storia». Con la S maiuscola. Seduto nelle prime file, Carlo Ciccioli, consigliere regionale di FdI e candidato alle Europee, sventola il drappo del controcanto: «È un punto di vista di parte e inaccettabile». Mostra la sua prospettiva: «È mancato l’altrettanto forte riferimento ai fatti del 7 ottobre, quando la ferocia di Hamas ha spezzato la vita di circa 1.200 persone, tanti giovani, e centinaia sono stati fatti prigionieri, tra loro anche bambini». Tenta la via di un denominatore comune: «Giusto che si arrivi a un cessate il fuoco, giustissimo che si riparta dagli accordi di Oslo del 1993: due popoli, due Stati». Subito sterza: «Le università sono i luoghi per eccellenza per gli scambi di sapere e di idee e tali dovrebbero restare. Trovo inaccettabile che si chieda l’interruzione dei rapporti con quelle israeliane». Dal proscenio don Aldo Buonaiuto, sacerdote di frontiera della Comunità Papa Giovanni XXIII, segue la scia del suo sogno: «Questi ragazzi si esprimono in modo civile e non violento, non è scontato. Vi fa onore». La bandiera della Palestina resta là, sul leggio.

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