Antonello Salis racconta la musica e l’amore per il jazz: «Serve avere curiosità per ricercare note sconosciute»

Antonello Salis racconta la musica e l’amore per il jazz: «Serve avere curiosità per ricercare note sconosciute»
Antonello Salis racconta la musica e l’amore per il jazz: «Serve avere curiosità per ricercare note sconosciute»
di Chiara Morini
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Venerdì 26 Aprile 2024, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 12:47

Non chiedetegli in anticipo la scaletta, non la dirà, semmai lo farà alla fine del concerto. Antonello Salis è un musicista originale, «è la musica» si legge nelle note di presentazione. Il pianista e fisarmonicista sarà al teatro di Monte San Martino domenica 28 aprile, alle ore 18, nell’ambito di Riverberi di Risorgimarche.

Antonello Salis, lei è la musica, ma la musica per lei cos’è?

«La musica è una cosa meravigliosa, la benzina della mia vita. Certo c’è pure altro, soprattutto, ma la musica aiuta tantissimo, dà entusiasmo e lo trasmette anche ad altri aspetti della vita. La musica è fantastica. A 74 anni, dopo tutta la mia vita, pur con tanti musicisti talentuosi in giro, io ancora non perdo la passione. Non sto qui a fare il senatore, ho tanto da imparare ancora. E i concerti non li programmo».

Intende dire che si esibisce senza scaletta?

«Sì da sempre e soprattutto da solo, quando sono con altri una base ci deve essere. Vengono fuori, così, concerti diversi l’uno dall’altro; anzi, ogni concerto finisce per essere una sorpresa pure per me».

Quindi se le chiedessero cosa esegue a Monte San Martino?

«Ve lo dico dopo il concerto. Voglio sorprendermi anche io, altrimenti rimane scontata l’esecuzione, sapere tutto a memoria, con una scaletta fissata, non è una garanzia sa? In quei casi bisogna essere perfetti, ma può succedere di tutto per impedirlo».

Composizione, improvvisazione, esecuzione, che lei fa tutte: cosa contribuisce di più a rendere eccellente un musicista?

«Io sono un improvvisatore, mescolo cose che non esistono con materiale che invece c’è. Mischio tutto da quel punto di vista e non mi faccio alcun tipo di problema».

Lei, infatti, ha un repertorio davvero misto. Cosa preferisce?

«Mi piace tutto, dall’africano al contemporaneo, ovviamente il jazz che è come un grande padre che raccoglie tanti piccoli figli.

Poi c’è la musica classica che va fatta nel modo migliore possibile. E con questo intendo dire che tutto va eseguito con sentimento».

Per rispettare la musica?

«Sì, va rispettata, ed è questo che intendo quando dico che nel farla ci vogliono sentimento e partecipazione».

Oggi come la vede?

«Credo che tutto dipenda da chi la segue, dai gusti, dai luoghi dove si fa. Della musica da consumo non parlo, il mondo per fortuna è grande e si può andare oltre. Quello che posso dire è che occorre avere la curiosità di conoscere e una predisposizione mentale per andare a ricercare cose sconosciute, e se per caso non si conosce, bisognerebbe fare un passo indietro. Della trap non dico proprio nulla».

E del pop?

«Oggi è diventato di nicchia in un mondo di tante cose commerciali. Ma oggi in giro c’è pure dell’ottimo pop».

Lei ha lavorato, quando non è in solo, con tanti musicisti e artisti.

«Sì, io musicalmente sono cresciuto a pane e rock e pop. Ma robe intelligenti, ovviamente e, come dicevo, ce ne sono. Bisogna però scovare giovani bravi, mentre l’industria sembra imboccare la strada del volere cose uguali. A me non interessa “i più”, non mi piace il baraccone tutto uguale a se stesso».

Ha avuto anche lei un modello a cui si è ispirato agli inizi?

«Sì, come tutti, del resto, è inevitabile. Tutti siamo riusciti a imparare dagli altri. Si prova e poi si compone. Ma zero plagio, ovviamente».

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