Sinner nella storia, il coach marchigiano Simone Vagnozzi: «Ecco come ha vinto lo Slam»

Sinner nella storia, il coach marchigiano Simone Vagnozzi: «Ecco come ha vinto lo Slam»
Sinner nella storia, il coach marchigiano Simone Vagnozzi: «Ecco come ha vinto lo Slam»
di Peppe Gallozzi
5 Minuti di Lettura
Lunedì 29 Gennaio 2024, 01:45 - Ultimo aggiornamento: 15:58

Il successo. L’esultanza da disteso immortalata da uno scatto che farà storia. La gloria e lo sguardo che incrocia quello dei suoi tecnici, stremati come lui dopo una rimonta epica. Perchè il 3-2 (da 0-2) di Sinner su Medvedev che vale il trono degli Australian Open 2024 è da tramandare. «Il prossimo sogno è vincere uno Slam». C'eravamo lasciati così il 28 novembre sul Corriere Adriatico con il coach Simone Vagnozzi. Il mentore, insieme all'australiano Darren Cahill, di Jannik Sinner. Il campione classe 2001 di San Candido. Il ragazzo predestinato che ha riportato uno Slam maschile in Italia 48 anni dopo dal trionfo di Adriano Panatta al Roland Garros parigino del 1976. 


Il consiglio di Simone


Nella vittoria di Fox - la volpe, soprannome di Sinner nato ai tempi della scuola - con gli scalpi eccellenti di Djokovic e Medvedev (numero 1 e 3 del mondo), ci sono le mani di un marchigiano doc come Vagnozzi.

Teso nella sua felpa bianca, lo sguardo intenso dipinto dentro il pizzetto nero, coperto da un cappellino scuro a nascondere le emozioni. Un consiglio, fondamentale, al momento giusto. La chiave della rimonta impossibile, del sogno diventato realtà. Sullo 0-2 per il russo, nella fase peggiore del match, con il burrone a pochi passi: «Devi cambiare qualcosa, stai più indietro sul servizio». Un guizzo semplice. Che però ha cambiato diametralmente le sorti della partita. Un ascolano legato alla sua terra, Vagnozzi, titolare di un Academy a San Benedetto del Tronto e insignito con la benemerenza civica a Castorano (e un Atp Coach of the Year Award per il 2023, giusto per gradire). Dai circoli regionali alla vetta del mondo.


«Lo porto nelle Marche»


Tra l'estasi e la gioia c'è tempo per ricordare i sogni. E anche le promesse: «Non sarà semplice ma ci proverò a riportare Jannik nelle Marche, compatibilmente con il suo calendario». Anche se Sinner la terra di "Simo", come è abituato a chiamarlo da quel febbraio del 2022 quando iniziò il loro rapporto professionale, la conosce già molto bene. San Benedetto del Tronto, gli arrosticini, il mare, gli allenamenti. Senza perdere di vista le prerogative essenziali. Quelle che lo hanno reso il campione amato da tutti: «E' un fenomeno e insieme un ragazzo che vuole fare sempre la battuta, cerca il sorriso. E' un tipo divertente, educato secondo principi e valori molto sani». Super tifoso del Milan, tanto che nelle ore precedenti all'incontro più importante della sua carriera, ha trovato anche il tempo per informarsi - e magari arrabbiarsi visto il deludente pari- sulla fine rocambolesca del match tra i rossoneri di Stefano Pioli e il Bologna a San Siro. 


«Così siamo diventati campioni»


64 giorni d'oro, insieme, legati da un filo che li ha condotti alla conquista della Coppa Davis, dell'Australian Open e dei vari premi individuali che hanno visti protagonisti entrambi. Il segreto del successo, tuttavia, è emerso dopo la semifinale vinta contro Djokovic tre giorni fa. Un 3-1 titanico all'interno di una partita che, probabilmente, ha segnato una data spartiacque: «Quando abbiamo iniziato - spiega Vagnozzi - Jannik era incredibile ma un po' monotono. Spingeva senza pensare, ora sa dove mettere la palla. Ha migliorato il servizio, diventata una delle sue migliori armi. Il fatto di non aver giocato prima degli Open in Australia? Un rischio che abbiamo deciso di assumerci. Eravamo convinti della riuscita, è andata bene». Oltre agli sguardi, ai gesti dal campo alla panchina, agli incitamenti, sono due gli aneddoti più curiosi che hanno legato il destino di Jannik a quello di Simone. Anche in questo lungo ed entusiasmante viaggio australiano. 


Il primo, nell'allenamento di rifinitura, quando il tecnico (insieme a Cahill) si è lasciato andare ad un doppio entusiasmante contro la sparring norvegese Nicolai Kjaer. Sotto gli occhi divertiti di un Sinner che così è riuscito a rilassarsi. Il secondo, a proposito di rifiniture, riguarda proprio la gestione del day before.


Cambio di abitudini


Anche qui c'è la mano di Vagnozzi, ispiratore del cambio di abitudini. Prima l’altoatesino era abituato a non risparmiarsi mai, giocando anche due ore prima di una partita. «Adesso stiamo in campo meno, talvolta solo 40 minuti - confessa Vagnozzi - Prima andava in paranoia. Si diventa campioni anche da queste cose». L’Italia intera gli ha tributato i giusti onori. Il mondo dello sport, tutto, si è congratulato. 

Anche compagni di nazionale e celebri avversari come Djokovic e Alcaraz. Un trio destinato a regalare emozioni per la prossima stagione. Ma Sinner ha un’arma in più: il coach che viene dalle Marche che cambia l’indirizzo delle partite con il consiglio decisivo. 


«Gioia enorme, devo metabolizzare»


«Il mio suggerimento? Non è partito benissimo, soprattutto al servizio, ma ci poteva stare in una finale Slam. Poi penso che sul 5-1 del secondo set, quando Jannik ha brekkato Medvedev, qualcosa è cambiato, l’inerzia. Ha avuto la chance sul 5-3 di rientrare e lì Medvedev ha fatto vedere le prime crepe. Ha fatto un passo indietro, ha giocato meno aggressivo, stava un metro più lontano: abbiamo visto un po’ di luce. L’emozione è enorme, adesso dovrò metabolizzare. Non sarà facile».

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