Enrico Nicolini, il fedelissimo di Mazzone racconta: «Era l'incubo degli arbitri. Ecco cosa diceva nel tunnel»

Enrico Nicolini, il fedelissimo di Mazzone racconta: «Era l'incubo degli arbitri. Ecco cosa diceva nel tunnel»
Enrico Nicolini, il fedelissimo di Mazzone racconta: «Era l'incubo degli arbitri. Ecco cosa diceva nel tunnel»
di Anna Rita Marini
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Domenica 20 Agosto 2023, 03:30 - Ultimo aggiornamento: 16:17

ASCOLI Mazzone aveva un pregio: non dimenticava chi aveva dato il massimo in campo per lui. Fra questi Enrico Nicolini che entrò a fare parte del suo staff. «È una giornata molto triste per me. Mazzone è stato un secondo padre. Abbiamo lavorato nove anni insieme, quattro ad Ascoli due a Catanzaro e Brescia, uno a Bologna. Sette gli anni invece da giocatore e due da collaboratore del suo staff».  


Gli anni più belli


Il periodo più bello ad Ascoli che proiettò Mazzone alla ribalta. «Mazzone mi affidò la fascia di capitano, ero un suo fedelissimo e di me si fidava».

La gioia più grande in quella partita spareggio vinta con il Cagliari nel 1993 dove a segnare fu proprio Nicolini. «Durante la preparazione del match non ci mise tensione, sapeva che avremmo dato tutto. Quando c’era qualcosa che non gli era piaciuto mi chiamava in disparte e ne discutevano insieme. Assieme a Rozzi formavano un binomio perfetto perchè entrambi sapevano quali erano i ruoli da rispettare. Avevano due caratteri molto forti ma si rispettavano». Cosa diceva nello spogliatoio Mazzone prima di ogni gara? «Nulla di particolare, viveva le partite in maniera maniacale. Ci diceva di dare poca confidenza agli avversari e di giocare sempre col coltello tra i denti. Pur di vincere avrebbe fatto di tutto. Riusciva sempre a trovare le parole giuste, era un uomo di grande spessore morale e tecnico tattico e anche motivazionale. Non per niente è rimasto a galla per 40 anni, sempre al passo coi i tempi».


Gli aneddoti


Nicolini ricorda qualche aneddoto «Quando entravamo in campo dal sottopassaggio rivolto alla terna arbitrale, sapendo di essere alla guida di una provinciale, diceva: “basta che mi confermate che ci date il 49%”. Non voleva mai perdere e se capitava soffriva molto la sconfitta anche contro grandi squadre. Per lui perdere a San Siro era come perdere al Partenio e non l’accettava. Pretendeva tanto dalla sua squadra». Con lui se ne va una grande parte della storia bianconera. «Eravamo sempre in contatto. Ci eravamo visti ad ottobre quando c’è stata la presentazione del docufilm che parla della sua storia. Non era un allenatore di tante parole, era molto pragnatico e badava al sodo ma dai grandi valori umani. I tifosi hanno apprezzato prima l’uomo che l’allenatore».
 

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