Sos pronto soccorso Torrette, la primaria Susanna Contucci: «Venerdì 150 ingressi, ma è così da giorni»

Sos pronto soccorso, picco di pazienti. La primaria Contucci: «Venerdì 150 ingressi, ma è così da giorni»
Sos pronto soccorso, picco di pazienti. La primaria Contucci: «Venerdì 150 ingressi, ma è così da giorni»
di Maria Cristina Benedetti
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Domenica 28 Aprile 2024, 02:30 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 07:15

ANCONA Come un’urgenza nell'urgenza. I numeri sono l’immagine plastica d’un sistema che viaggia al limite del sovraffollamento, per Susanna Contucci. La primaria del pronto soccorso di Torrette fissa la linea di demarcazione: «Venerdì scorso ci siamo assestati sui 150 passaggi registrati. È così da giorni». Disegna, con il garbo di sempre, l'andamento d’una curva che ha iniziato a impennarsi nel fine settimana di Pasqua.

Il ritmo

La spiegazione, per la responsabile del punto di prima emergenza di via Conca, va ricercata anche nella consuetudine che ritma le stagioni: «L’ora legale ha determinato questo andamento.

Il maggior numero di ore di luce ha generato un secondo picco dell’affluenza, come ha aumentato la possibilità di alzarsi in volo dell’elisoccorso». Sono questi i dati sensibili che alimentano il sovraccarico in un ingranaggio che è già sotto stress. «Abbiamo in tutto - ripassa con minuzia la formazione - 45 posti sdraiati; nel 2019 erano appena 23, ma nonostante siano raddoppiati, il cosiddetto boarding, ovvero coloro che sono in attesa di ricovero, aumenta». Un fenomeno, spiega la Contucci, che depotenzia la possibilità di reazione di un hub regionale. «Noi dobbiamo sempre essere in grado di accogliere i malati più gravi: infarti, ictus, politraumi. E in corsia non possiamo andare oltre le sei barelle».

I parametri

È nel punto esatto di saturazione, tra il ricevere nuovi casi e la necessità di assorbire quelli con i parametri vitali compromessi, che scatta il piano della distribuzione dei pazienti, con i codici meno insidiosi, nei pronto soccorso della provincia, organizzati sotto l’ombrello della Ast2. «È una prassi – innalza le sponde di contenimento - da almeno una trentina d’anni. Sempre perché noi dobbiamo mantenere saldo il ruolo di riferimento per le situazioni più a rischio». Decomprime, la Contucci: «C’è un accordo con le altre strutture». La soluzione, per lei, è a monte: «Sarebbe opportuno che il territorio mettesse in atto un’azione di sbarramento». Tradotto: la selezione dell’afflusso dovrebbe avvenire a priori. Sul fronte del personale, non allenta del tutto la presa: «Nonostante i tre, quattro tipi di contratti che utilizziamo, abbiamo una pianta organica che risale a vent'anni fa». Dribbla il cortocircuito della sanità pubblica: «Noi qui non abbiamo né medici, né infermieri gettonisti, ma solo personale nostro, interno». La sua esigenza è quella di sempre: «Servirebbe un medico in più la notte. Nella giostra dei turni, significherebbe averne altri sei nell'organigramma». Non nega l’evidenza: «Comunque se il territorio non seleziona gli ingressi, è tutto inutile».

Le linee

Dalla pelle viva della corsia alle linee d’indirizzo del livello amministrativo, la sostanza non cambia. Il direttore generale dell’Azienda ospedaliero-universitaria Armando Gozzini rimarca la tesi: «Spostare i casi meno gravi altrove? Si è sempre fatto. Non è una strategia, bensì una prassi». Claudio Martini, la voce del direttore sanitario, rafforza il concetto: «Facciamo parte di una rete unica. Può capitare, per esigenze cliniche o per alleggerire giornate difficili da gestire. Dipende dalle contingenze». Passa il binomio: prassi consolidata.

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